PAGINA INIZIALE

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La  Chiesa

 

Per i cenni storici e la descrizione della Chiesa, attingiamo dall’opuscolo “S. Iodice, La Chiesa degli Angeli Custodi al Corso”, pubblicato in occasione del Giubileo del 2000. 

 

Presentazione

 

   L'iniziativa di don Salvatore Iodice di pubblicare l'opuscolo "La Chiesa degli Ange­li custodi al Corso" tende a far conoscere ai cristiani di Santa Maria Capua Vetere e a quelli che la visiteranno, la Chiesa dedicata al Culto della Santa Madre di Dio e degli Angeli Custodi.

L'iniziativa è valida, perché la conoscenza è propedeutica ad un rapporto di affe­zione e di benevolenza.

Il tempio è il luogo dello spirito, il luogo dell'Infinito, dove ognuno ritrova il senso profondo della sua storia, vive l'esperienza di intimità con Dio ed incontra i fratelli nella preghiera. Il tempio è il segno di una Presenza misteriosa che si china sulle realtà umane e l'uomo ritrova l'entusiasmo di andare oltre, camminando nella Com­pagnia dei Santi verso la meta definitiva della Salvezza.

In questo lento e faticoso andare l'uomo pregusta la conclusione e guarda avanti con fiducia, perché incontra la Chiesa, che è Madre che genera nuovi figli alla Gra­zia ed è Vergine, perché sposa di un solo sposo, Cristo Gesù. Come Maria. Il cristiano riprende il cammino e va con fiducia, perché ha compreso che tutto volge alla Gloria di Dio e alla salvezza dell'uomo.

Questo opuscolo nella sua semplicità e linearità espressiva e linguistica ci aiuta a capire questo cammino di fede. Anche per questo ringrazio don Salvatore.

Bruno Schettino arcivescovo

 

Chiesa degli Angeli custodi - Facciata

 

 DEDICATA ALLA MADRE DI DIO E AGLI ANGELI CUSTODI

Poco appariscente all'esterno, quasi nascosta nella fila di palazzi che si susseguo­no sul corso Garibaldi, questo gioiello di chiesa rivela tutta la sua grazia e la sua forza a chi entra, suscitando ammirazione e stupore.

Dai cittadini è indicata come "Chiesa degli Angeli custodi al Corso", in realtà è dedicata anche alla Madre di Dio, come risulta dall'iscrizione nel catino dell'abside:

"V. DEIPARAE  ET ANGELIS CUSTODIBUS DICATUM".
Trad.
Questo tempio è dedicato alla Vergine Madre di Dio e agli Angeli custodi.

Deipara, in greco Theotòkos, "Madre di Dio", è il titolo attribuito dalla fede cristia­na alla Vergine Maria e fu usato da Origene e dagli Alessandrini fin dal 3° secolo e già forse da Ippolito di Roma, poi fu definito nel Concilio ecumenico di Efeso del 431.

L'attuale calendario liturgico fissa al 1° gennaio la solennità di Maria SS. Madre di Dio, il cui formulario della Messa inizia con questa significativa antifona: Salve, Ma­dre santa: tu hai dato alta luce il Re che governa il cielo e la terra per i secoli in eterno.

II riferimento agli Angeli custodi nella dedica poi, é opportuno e utile per richia­mare alla nostra attenzione di credenti il rapporto che abbiamo con questi puri spì­riti, creati da Dio, i quali non solo lodano e adorano in cielo il Creatore o portano messaggi agli uomini, come ci rivela la sacra Scrittura, ma sono anche nostri custodi.

Altare Maggiore

« Dall'infanzia fino all'ora della morte - insegna il Catechismo detta Chiesa cat­tolica - la vita cristiana è circondata dalla loro protezione e dalla loro intercessione. "Ogni fedele ha al proprio fianco - scrive san Basilio di Cesarea - un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita" ». (Ed. Vaticana, 1992, p. 100).

Gesù stesso, riferendosi ai fanciulli, dichiara: "Guardatevi dal disprezzare uno solo dì questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio"(Mt 18,10). Allude alla protezione degli Angeli custodi e, come si esprime il Concilio Vaticano II, "alla loro potente intercessione" presso il Padre celeste Lumen Gentium 19).

Di questa chiesa, così cara alla popolazione locale, non ho trovato alcuno scritto che la descrivesse completamente e ne illustrasse le origini.

In occasione dell'Anno Giubilare del Duemila, ho ritenuto opportuno pubblicare queste brevi note, soprattutto per evidenziare l'esempio di fede che le generazioni passate ci hanno lasciato, anche con l'impegno di opere e di beni, nella costruzione di questa chiesa, che poi tanti frutti ha portato nella pietà popolare.

   Cito a conferma il detto popolare locale:

Chi se vo ' arrecria,'

a Chiesia 'o Corso addajì a pria'.

Vale a dire: Chi vuole far rivivere il suo spirito, deve andare a pregare  nella Chiesa del Corso.

 LE ORIGINI

   L'edificio sacro fu costruito alla fine del secolo passato su! corso Garibaldi, per favorire le esigenze spirituali degli abitanti di quella zona che distava notevolmente dalla chiesa parrocchiale. Inoltre nel 1875, per facilitare il traffico, era stata demolita la vicina chiesa di S. Lorenzo con l'intento di costruirne un'altra nelle vicinanze, dato che anche la cappella del Conservatorio in via Angelo Custode era ritenuta insuffi­ciente e inadeguata alle nuove richieste. Si venne dunque alla determinazione di abbattere anche quest'ultima e di edificare una sola chiesa più grande, che le sosti­tuisse entrambi.

L'opera, promossa e sovvenzionata dal filantropo Gaetano Saraceni, fu realizzata dalla "ditta di costruzione Ferdinando Troiano e Domenico Aulicino" su progetto dell'architetto Francesco Sagnelli.

I lavori, iniziati il 26 maggio 1880 con la benedizione della prima pietra da parte del rev. Giuseppe M. Buonpane, incaricato dall'allora arcivescovo di Capua card. Francesco S. Apuzzo, terminarono due anni dopo con la consacrazione della chiesa fatta il 22 luglio 1882 da mons. Antonino Centore, vicario generale della diocesi, delegato del card. Alfonso Capecelatro, successore del card. Apuzzo.

A ricordo dell'avvenimento fu apposta sulla facciata della chiesa una lapide commemorativa, dove si legge questa iscrizione:

 

 

TEMPIUM HOC DEO DICA TUM IN ONOREM VIRGINIS
DEÌPARAE ETANGELORUM CUSTODUM
PIETATE ATQUE AERE SUO
E FUNDAMENTIS EXSTRUENDUM ORNANDUMQUE CURAVIT
CAIETANUS SARACENUS
MDCCCLXXXII

 

Trad.:Gaetano Saraceni, per devozione e a sue spese, fece costruire dalle fondamenta ed allestire questa chiesa, dedicata a Dio in onore della Vergine Madre di Dio e degli Angeli custodi, nel 1882.

IL CONSERVATORIO DELL'ANGELO CUSTODE

Un accenno storico merita, anche se di esso il tempo ha cancellato ogni traccia, il CONSERVATORIO DELL'ANGELO CUSTODE, ubicato alle spalle della nostra chiesa e con ingresso in via Angelo Custode (chiamata dal 1913 via Gallozzi).

Era un'istituzione benefica, fondata nel 1702 dal frate predicatore P. Michele Raimondi da Lucera con lo scopo di ricoverare e preservare dai pericoli della corruzione le ragazze povere. Economicamente veniva sostenuta inizialmente dalla beneficenza di alcuni cittadini e da un beneficio di "iuspatronato"della famiglia Cusano, in seguito anche dai sussidi del Municipio.

La conduzione del Conservatorio era affidata a Religiose che seguivano la Regola di san Francesco e curavano l'annessa Cappella, già sopra citata, nella quale il cappella­no titolare celebrava Messa.

Il Regolamento dell'Istituto fu approvato il 28 febbraio 1736 dall'arcivescovo di Capua Mondilla Orsini.

Successivamente, l'8 luglio 1872, il Conservatorio fu trasformato con Regio Decreto in Convitto femminile di educazione, con scuola elementare sia per alunne interne che per quelle esterne. L'opera si prefiggeva di istruire ed educare fanciulle apparte­nenti a famiglie oneste e civili, scelte annualmente dal Consiglio comunale, mediante pagamento di limitate rette od anche gratuitamente.

 

Al 31 dicembre 1872 nel Convitto erano presenti 4 convittori interni e 18 esterni, dagli otto ai tredici anni, con otto unità di personale, compreso quello insegnante.

In seguito l'istituzione confluì nell'Istituto S. Teresa.

 

L'edificio nel 1931 fu trasformato e adattato a sede del R. Liceo Ginnasio con lavori diretti dagli ingegneri Enrico Amoroso e Gaetano Cariati, per incarico del Comune.

 

IL CAMPANILE

 

Una vestigia del passato sembra essere il CAMPANILE dell'attuale chiesa, poiché presenta caratteri settecenteschi ed è situato a destra del Presbiterio, oltre la sagre­stia, dove presumibilmente era ubicata l'antica cappella del Conservatorio.

Inoltre, una delle due campane, delle quali esso è fornito, porta incisa una data anteriore alla fondazione della chiesa. Si tratta della più piccola, sulla quale sono raffigurati lo stemma della città e un ostensorio con questa iscrizione: "A.D. 1823-Municipio di S. Maria Capua Vetere - Michael Angelus Camirchioli Paetramelaria artifex".

Sulla campana più grande, collocata successivamente, sulla quale si notano immagini in rilievo di un angelo custode con fanciullo e di un busto di Madonna con bambino, si legge: "Caetanus Saraceni aere suo fecit anno Domini 1883 - Luigi Mobilione fabbricante di campane in Napoli via Zappari n. 28".

Nell’anno 2000 è stata aggiunta la terza campana, “La campana del Giubileo”, con il contributo dei fedeli.

LA STRUTTURA E LE DECORAZIONI

LA FACCIATA della chiesa presenta due piani sovrapposti, divisi orizzontalmente da una trabeazione sormontata da un timpano triangolare, su cui si erge la croce.

Nel primo piano si apre il portale rettangolare, su cui è posta la lapide commemorativa; nel secondo campeggia un finestrone con arco romanico.

Quattro paraste ioniche al primo piano e corinzie al secondo, dividono la facciata in zone verticali.

Mediante due scalini si accede all'interno dell'edificio sacro attraverso una porta di legno robusto, divisa in due battenti nei quali si aprono due battenti più piccoli per l'affluenza ordinaria dei fedeli.

Va ricordato il significato simbolico della porta in riferimento a Cristo che disse: "Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo-, entrerà e uscirà e troverà pascolo" (gv 10,9). I due battenti significano i due Testamenti.

Entrando si incontra una seconda grande porta in legno che sorregge la tribuna dell'organo, uno strumento a canne con leve manuali per i mantici. Sotto la tribuna è attaccata una bella tela, raffigurante "La Santa Famiglia" di anonimo.

L'INTERNO DELLA CHIESA, a pianta rettangolare e a una sola navata con cappelle laterali, presenta uno stile romanico con volta a botte, interrotta da archi a tutto sesto e con vele triangolari in corrispondenza delle finestre.

Lesene corinzie sulle pareti laterali adornano l'edificio,che termina con l'abside a pianta semicircolare, con volta a catino, decorata da esagoni realizzati dal pittore L. Arzillo.

Sulle pareti di fondo si trovano due medaglioni con busti in gesso di Gaetano Saraceni, fondatore della chiesa, e del card. Alfonso Capecelatro, sistematore della stessa.

Sul lato sinistro s'incontra innanzitutto L'ALTARE di SAN GIUSEPPE, con busto in legno del Santo con bambino e un bastone fiorito.

Discendente davidico, secondo la tradizione san Giuseppe fu scelto come sposo di Maria SS. in seguito alla prodigiosa fioritura del suo bastone. Premuroso custode della santa Famiglia,collabora alla nostra redenzione con il sostegno da lui dato a Gesù e a Maria, meritando così di essere invocato a protezione della Chiesa univer­sale, come stabili il papa Pio IX, l'8 dicembre 1870.

L'opera artistica fu realizzata nel 1920, esattamente cinquant'anni dopo la Dichiara­zione del Papa, come indica la targa in bronzo ivi apposta: "Joseph totius Ecclesiae patrono - 1920 anno 50° a declaratione".

Segue LA PRIMA CAPPELLA dedicata ai santi: Giovanni Bosco (di fronte), Filippo Neri, Teresa del Bambino Gesù, Giuseppe Moscati. Sono santi impegnatisi nel campo della carità, per il recupero e l'educazione dei giovani, per le missioni e per la cura dei malati. Essi sono stati fulgido esempio di attuazione dell'insegnamento evangelico: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

La statua di san Giovanni Bosco è in cartapesta, quella di santa Teresa in legno, opera di Luigi Santifaller-Ortisei (Bolzano), mentre san Filippo Neri è rivestito di stoffa. A lato dell'altare vi è anche un'immagine di san Ciro.

Quasi al centro delle due pareti laterali della chiesa ci sono i CONFESSIONALI, l'uno di fronte all'altro,che portano in alto lo stemma della famiglia Saraceni.

Proseguendo sul lato sinistro incontriamo LA SECONDA CAPPELLA, dedicata alla Vergine degli angeli, la cui icona su tela, senza data né firma, si erge maestosa sulla parete centrale. Lateralmente vi sono altre due tele del pittore Luigi Barone di Napo­li, a. 1921, raffiguranti santa Lucia e sant'Anna con Maria bambina. Sotto il soffitto della cappella spiccano due tondi con immagini di sant'Alfonso e di santa Teresa del Bambino Gesù.

 

L'ULTIMA CAPPELLA sul lato sinistro della chiesa è dedicata alla Pietà.

Il gruppo statuario, raffigurante la Vergine Maria con Gesù morto fra le braccia, è in cartapesta, opera artistica di G.Manzo di Lecce, a. 1914. La croce in legno, inserita nella parete, vi fu sistemata dallo scultore G. Ferrara.

 

 

La cappella è a forma di tempietto con colonne corinzie, sormontato da un bassori-lievo con scena dell'Assunzione, opera dello scultore Prajano di Miano, a. 1918. Ai piedi del gruppo, un altarino in marmo, inaugurato il 1° dicembre 1921, porta scol­pito sotto la mensa uno stemma gentilizio adorno di motivi floreali.

La devozione all'Addolorata ha notevole rilevanza per i fedeli che frequentano que­sta chiesa: oggi è la sola della zona nella quale per tutto il mese di settembre si svolge il pio esercizio della "Via Matris". E' questa un'antica pratica religiosa, com­posta di sette stazioni nelle quali si considerano i sette dolori di Maria, che nel 1500 furono così raggruppati: 1) la profezia di Simeone; 2) la fuga in Egitto; 3) lo smarri­mento di Gesù nel tempio; 4) l'incontro di Maria con Gesù sulla via del Calvario; 5) la crocifissione di Gesù; 6) la deposizione di Gesù dalla croce; 7) la sepoltura di Gesù.

Per illustrare questi dolori della Vergine, mons. Porzio nel 1919 fece collocare lungo le pareti della chiesa sette artistiche tele di Luigi Barone.

Ad avallare la diffusa devozione locale all'Addolorata, troviamo in Sagrestia un'altra testimonianza: una tela, di anonimo e senza data, raffigurante i Sette santi Fondatori, un gruppo di nobili fiorentini che, in seguito ad un'apparizione ad essi dell'Addolo­rata il 15 agosto 1233, fondarono l'ordine religioso dei Servi di Maria, con lo scopo precipuo di diffondere il culto alla Vergine Addolorata. Sul quadro si leggono i loro nomi:

Bonfiglio Monaldi, Bonagiunta Manetti, Manetto di Antella, Amadìo degli Amidei, Uguccione degli Uguccioni, Sostegno dei Sostegni e Alessio Falconieri. Stanno rivolti verso un cuore trafitto da sette spade, simbolo dei sette dolori di Maria.

Sul lato destro della chiesa, vicino all'ingresso, si trova un grande CROCIFISSO in legno, dei maestri artigiani Antonio e Salvatore Sapio, con accanto e in piedi l'Addo­lorata, un'espressiva e commovente statua in gesso a grandezza naturale. Ai lati del gruppo vi sono due angeli in bronzo. E' questo il luogo dove maggiormente si ferma­no a pregare i fedeli che quotidianamente visitano la chiesa.

Segue LA PRIMA CAPPELLA dedicata ai santi: Antonio di Padova, nella nicchia centrale sovrastante l'altare in marmo del 1910, Rita da Cascia e Gabriele dell'Addolo­rata. Le statue sono tutte in gesso e senza data. In un angolo c'è anche una statuina di san Gerardo.

Questi santi sono additati dalla Chiesa come modelli di vita consacrata alla missione religiosa e sono proposti come testimoni di fedeltà a Cristo.

LA SECONDA CAPPELLA è dedicata alle Anime purganti. Nella parte centrale cam­peggia una grande tela di Luigi Barone, Napoli 1918, sulla quale è raffigurata la liberazione delle anime dal Purgatorio, mentre un sacerdote celebra all'altare l'Euca­ristia. Il celebrante, a dire dei fedeli, sarebbe mons.Gaspare Porzio, primo rettore della chiesa, che commissionò il quadro.

Sulla destra della stessa cappella c'è una grande immagine di san Francesco nell'atto di abbracciare Gesù crocifisso. Anch'essa è dipinta su tela, con firma di Luigi Barone a. 1921.

Sull'altro lato si trova un magnifico quadro di san Domenico: dipinto su tela di Raffaele Iodice, a. 1939. Fondatori di ordini religiosi, questi due santi ebbero un grande amore per Gesù sofferente, dal quale attingevano lo slancio missionario.

Sotto il soffitto della cappella si notano due tondi con immagini di una suora che mostra un cuore e di un sacerdote rivestito di una stola, sulla quale spiccano vari disegni del cuore di Gesù.

Sulla porta della sagrestia domina un bassorilievo, della medesima fattura degli altri tre esistenti nel tempio, che riproduce una scena di apparizione ad una contadina della Madonna del Lauro, il cui culto è diffuso a Meta di Sorrento (NA), luogo d'ori­gine di mons. G. Porzio, il sacerdote sopra ricordato. Si rilevano le scritte: "Basilica Pontificia 4 aprile 1914", "La Madonna del Lauro secolo VIII", "A devoz. di Mons .G .Porzio marzo 1930".

Davanti al Presbiterio vi sono due grandi statue: a destra il Sacro Cuore e a sinistra l'Immacolata.

Il Cuore di Gesù è in legno, opera artistica di Luigi Santifaller-Ortisei (Bolzano). Porta sul petto un cuore di ottone con raggiera. E’una immagine molto espressiva e dolce che evoca serenità e fiducia.

La devozione al Sacro Cuore di Gesù è molto sentita dai fedeli della zona, i quali seguono con entusiasmo le celebrazioni del mese di giugno.

La statua dell' Immacolata è in cartapesta. Essa viene evidenziata con luci e fiori particolarmente nel mese di maggio e durante la novena di dicembre.

Lungo le pareti del tempio, oltre le tele della "Via Matris" già ricordate, sono distri­buiti quattordici artistici quadretti della "Via Crucis", in maiolica.

Il sancta sanctorum della chiesa è costituito senza dubbio dal PRESBITERIO, che si eleva di un gradino sul piano del restante luogo sacro ed e delimitato da una balau­stra in marmo di pregevole fattura, con cancelletto in ferro.

Nella parte centrale è situato l'altare maggiore fisso a sarcofago, in marmo policromo lavorato con maestria. Esso è sormontato dal tabernacolo, strutturato a forma di tempietto, per la custodia della santissima Eucaristia. Speciali lampade indicano la

presenza di Cristo in questa nuova "arca dell'alleanza", per essere cibo all'uomo viatore, conforto e guida per chi ricorre a lui nell'adorazione.

Sul fondo del Presbiterio, dietro l'altare maggiore, troneggia il quadro della Beata Vergine del Rosario di Pompei, dipinto su tela di L Barone a. 1920. E' racchiuso tra due colonne corinzie,sormontate da un timpano triangolare, alle cui estremità siedo­no due angeli in gesso.

Sulla tela sono applicate, in metallo dorato, dodici stelle disposte a guisa di aureola sulle figure sacre, le quali portano anche sulla testa le rispettive corone, della stessa fattura, e ai piedi, sempre sovrapposta, la scritta AVE MARIA.

Nel triangolo del timpano è raffigurata in mosaico una colomba, simbolo dello Spiri­to santo. Al di sopra del timpano vi è una raggiera in legno con i simboli dell'Euca­ristia: calice, ostia, spiga di grano, grappolo d'uva.

Sull'altare vi sono quattro angeli portacandelabro di bronzo, simili a quelli accanto all'ingresso. Probabili opere del bronzista N. Casello di Capua.

Ai due lati, sulle pareti, si evidenziano altri due bassorilievi, attribuibili al Prajano. che rappresentano: l'adorazione dei magi, a sinistra, e Gesù con gli apostoli, a destra.

Sulla finta porta di sinistra si legge questa frase biblica, tratta dal Secondo libro delle Cronache:

ELEGI ET SANTIFICAVI

LOCUM ISTUM

UT SIT NOMEN MEUM IBI

IN SEMPITERNUM

Trad.:   Io ho scelto e ho santificato questo luogo, perché la mia presenza vi resti sempre. (2 Cr 7,16).

Sulla porta di destra, attraverso la quale dal Presbiterio si accede alla Sagrestia, è apposta la seguente iscrizione:

ANTE ARAM SISTENS

CULPARUM DEBITA  SOLVES

SI POTES ATTENTA MENTE

ROGARE DEUM

Trad.: Sostando dinanzi all'altare, scioglierai i debiti delle colpe, se puoi pregare Dio con animo sereno.

Nelle sale della Sagrestia troviamo altri dipinti su tela che ne adornano il soffitto. Sono tutti senza data e senza firma. Nella sala piccola è raffigurato san Giuseppe con il fanciullo Gesù. Sul cartello che regge il fanciullo si legge: <<Generationem eius quis enarrabit?. Isaia>>. Si riferisce a Is 53, 8 (Chi potrà descrivere la sua origine?), in riferimento alla generazione eterna del Verbo di Dio o alla sua verginale concezione nel tempo, secondo molti Padri. In quella più grande troviamo innanzitutto una magnifica rappre­sentazione di un episodio biblico, quello di Tobia e l'angelo.

La scena ivi impressa mostra l'arcangelo Raffaele mentre dà delle istruzioni al giova­ne Tobia il quale, sceso nelle acque del fiume Tigri per lavarsi i piedi, era stato assalito da un grosso pesce. L'angelo, che in realtà aveva assunto sembianze umane e si faceva chiamare Azaria, aveva accettato di farsi guida e custode di Tobia accom­pagnandolo in una difficile missione. Nel quadro, infatti, è vestito da pellegrino, con il bastone in mano, i calzari ai piedi e due conchiglie sul petto.

Prendendo spunto, dunque, dalla vicenda di Tobia, l'autore ha voluto evidenziare il ruolo importante dell'angelo custode, nostro protettore e compagno di vita. E' chiaro il riferimento alla chiesa, dedicata appunto agli Angeli custodi.

Un secondo quadro mostra san Francesco e santa Chiara, circondati da frati e laici, tutti con espressione mistica e grave, nell'atto di compiere una cerimonia importante.

Il terzo dipinto ha dimensioni più ridotte ma è meglio rifinito nelle immagini. Rappresenta la Vergine Maria con Gesù morto fra le braccia, assistita dall'Eterno Padre e dallo Spirito santo in forma di colomba. Completano la pietosa rappresentazione: un apostolo in atteggiamento di adorazione e un angelo.

E' un'opera rara e molto significativa: la presenza della Trinità e dell'Addolorata alla passione di Gesù hanno un chiaro riferimento alla devozione locale sopra accennata. Tra le tre tele, in un riquadro, è scritto: 1928.

In una sala al piano superiore, che si può visitare, sono esposti degli arazzi con simboli dei cuori di Gesù e di Maria o con stemmi gentilizi. Negli anni addietro si usava esporli in chiesa durante le feste più importanti.


In questo suo primo secolo di storia, la "Chiesa degli Angeli custodi al Corso" ha svolto pienamente la sua funzione, quale accogliente luogo di preghiera, tempio idoneo per le celebrazioni religiose e le lodi a Dio.

Favorita dalla posizione, sulla via principale della città, è stata sempre molto frequen­tata. Merito soprattutto dei valenti sacerdoti che si sono avvicendati nella cura spiritua­le dei fedeli che ad essa fanno riferimento, attuando svariate iniziative religiose e prov­vedendo al decoro e all'efficienza dell'edificio sacro. In ordine cronologico essi sono:

mons. GASPARE FORZIO fino al 1931

mons. RAFFAELE RICCARDI dal 1931 al 1940

 mons. ANTONIO BUFFOLANO dal 1940 al 1966

mons. MARIO GRAVINO dal 1966 al 1981

dott. sac. SALVATORE IODICE dal 1981...

Non vanno sottovalutate, peraltro, l'opera e la beneficenza elargite generosamente dai tanti collaboratori e benefattori, che hanno permesso il mantenimento, la funzio­nalità e l'abbellimento della chiesa. Essi hanno certamente scritto in cielo i loro nomi e sono di esempio e di sprone per le generazioni future perché, oltre a curare le proprie dimore pensino anche alla casa di Dio.

Il fondatore della Chiesa

GAETANO SARACENI

Nacque a Carinola (Casetta) il 16 luglio 1803 da nobili e ricchi genitori: Tommaso e Mastrominico Maria. Sposò Vittoria Merola, lei pure di nobile e ricca famiglia e da questo matrimonio ebbe due figlia: Luisa e Giuseppa. La prima sposò il cav. Federico Cappabianca e l'altra il sig. Giovanni Peccerillo. Il 25 luglio 1878 perdette la consorte e rimase sempre vedovo.

Fondò il Mendicicomio per ambo i sessi in via G. Saraceni, che ha funzionato fino a venticinque anni fa.

Prima del 1860 fu cassiere del Comune di S. Maria C. V., dopo il 1860 fu nominato componente della Commissione dell'ospe­dale S. Giuseppe e il 28 settembre 1881 ne fu nominato presi­dente.Fu amministratore del Conservatorio dell'Angelo custode, e dal 15 settembre 1877 anche presidente, nominato dal Consi­glio comunale. Fu pure presidente del Conservatorio di S. Te­resa.

Si adoperò grandemente per avere nell'ospedale S. Giusep­pe le suore dette Figlie di S. Anna.

Nel 1882 fece erigere a sue spese al corso Garibaldi la chiesa degli Angeli Custodi.

Restaurò il palazzo vescovile e il Duomo di S. Maria C. V., provvedendolo di pavimento marmoreo e facendo abbellire la cappella del Santissimo con ricche ed artistiche decorazioni.

Fondò un Convitto per orfani nella contrada della Pietrasanta in S. Maria C.V. e un Asilo per orfanelle in S. Prisco, dove fece ampliare anche una chiesa a sue spese.

Morì a 91 anni il 15 marzo 1894 alle ore 8.30. I funerali si svolsero nella Chiesa degli Angeli custodi, da lui fondata.